La musica è stata utilizzata come mezzo da diversi artisti LGBT+ per simboleggiare la propria fluidità.
La musica ha avuto un impatto così grande sulla nostra cultura poiché riflette lo stile di vita e il modo di pensare delle persone. E soprattutto delle minoranze che non hanno mai avuto esponenti che li rappresentassero. “Minoranze” di cui la comunità LGBT+ non è da meno.
Gli anni 20 furono caratterizzati da una voglia di far festa dopo gli avvenimenti della prima guerra mondiale ed è in questo periodo che bar definiti “gay” nacquero nelle metropoli.
La repressione seguita con la seconda guerra mondiale però portò la scena LGBT+ a fare qualche passo indietro, ora dovendo star attenti a non offendere la sensibilità delle persone. Perché bisogna ricordare che l’omosessualità in Inghilterra non fu più considerata reato solo 53 anni fa. Ed è per questo motivo che diversi musicisti durante gli anni ’50 e ’60 furono costretti a nascondersi, il periodo conservativo dell’epoca non lasciava scampo.
Ma era il 1969, più precisamente il 27 giugno, quando ebbe inizio il movimento di liberazione gay moderno: i moti di Stonewall. Ed è dal 1970 che gli artisti LGBTQ+ hanno potuto finalmente avere più rilevanza. Era il 1972 quando David Bowie dichiarava di essere gay e solo qualche anno dopo Elton John lo seguì. Fortunatamente evitando una reazione troppo violenta.
Diana Ross è un’icona per il mondo gay tant’è che RuPaul, tra le più famose drag queen e cantanti di oggi, ha dichiarato che la donna è stata il suo idolo fin da piccolo. E infatti Chic’s Nile Rodgers ha scritto I’m Coming Out proprio ispirandosi a diverse drag queens che si vestivano come Diana Ross, diventando così un inno della comunità.
La crisi dell’AIDS era però iniziata colpendo proprio la comunità LGBT, già in crisi a causa della mancanza di uguaglianza. Colpita ancora di più dall’HIV. Affondata anni dopo, nel 1992, con la morte di Freddie Mercury, non prima però che i Queen rilasciassero un altro inno d’indipendenza e libertà. Accompagnato da un altro iconico video che vede tutta la band vestita in drag.
Ma ci vuole il ventunesimo secolo perché i diritti della comunità comincino ad acquisire valore nelle democrazie. E sono tantissimi gli artisti che ne sono diventati i rappresentanti. Lady Gaga, una dei portavoce della comunità, rilasciò Born this way perché “No matter gay, straight or bi, lesbian, transgendered life: I’m on the right track, baby I was born to survive”. E a lei seguono Sam Smith, Troye Sivan o RuPaul stesso che con Supermodel vuole ispirare le persone -tutte le persone- ad abbracciare la loro bellezza e fierezza sfilando sulla passerella. Canzone uscita nel 1993, fu definita da Kurt Cobain come una delle sue canzoni preferite di quell’anno.
O come Same Love di Macklemore & Ryan Lewis (ft. Mary Lambert, artista apertamente lesbica) adottata come inno per l’approvazione dei matrimoni fra persone dello stesso sesso nello stato di Washington. E l’impatto, l’importanza che la canzone ha avuto gli ha consentito di venire nominata come canzone dell’anno ai 56esimi Grammy Awards. Sono tantissime le persone che ancora oggi usano la musica per veicolare messaggi di aiuto e sofferenza di minoranze ancora abusate, violentate e uccise. Ed è per questo che, proprio come dice Macklemore, “nessuna legge ci cambierà, siamo noi a dover cambiare. In qualunque Dio tu creda, veniamo tutti dallo stesso e manda via la paura. Alla fine, è tutto lo stesso amore”.
Chiara Troise
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