Michele Paciulli, Compositore/arrangiatore, Sound designer & Sound engineer, Synthesist Keyboard virtuoso.

Inizia a studiare organo a 11 anni.
A 13 anni, la sua prima composizione per il coro polifonico della sua chiesa segna una svolta nella sua vita musicale.Alla stessa età, entra a far parte di una band pop semiprofessionista come “enfant prodige”.
A 17 anni inizia a lavorare in studi di registrazione come turnista e arrangiatore, dove si evolve anche come fonico.
Michele è attivo nell’epoca d’oro dello sviluppo dei sintetizzatori.
Essendo i sintetizzatori la sua grande passione, diviene un esperto virtuoso delle tastiere e programmatore di sintetizzatori.La sua competenza è stata ampiamente riconosciuta, tanto che nel 1986 gli viene chiesto di entrare a far parte di Korg Inc., un’azienda leader nella produzione di sintetizzatori; la joint venture è attiva ancora oggi.

Basata sulla tecnologia di Michele, Korg realizza la famosissima workstation/sintetizzatore digitale M1, e da allora Michele lavora alle produzioni Korg fino ad oggi. Dal 1977, Michele si occupa da sempre di produzioni discografiche, colonne sonore, spettacoli dal vivo, progetti audio e ricerca. Le sue ricerche sul suono, l’elaborazione del suono e l’acustica lo hanno reso esperto anche nella progettazione acustica degli spazi. Insignito da numerosi riconoscimenti e awards internazionali è sempre attivo sulla scena dell’industria della musica nei suoi molteplici aspetti.


– Nella tua professione, fai uso consapevole dell’AI? Per quali applicazioni?

La mia risposta è no. E vado a spiegare perché.
A.I. è una tecnologia veramente incredibile, dovrebbe chiamarsi E.C. Efficienza Computerizzata, perché è di questo che alla fine si tratta.

Non c’è nulla di intelligente.

Ci sono applicazioni dove A.I. è una risorsa notevole.

La sua efficienza permette una comparazione e selezione di informazioni e preparazione quasi immediata di prodotti che richiederebbero molto tempo ed una memoria sovrumana per essere valutate e completate. Infatti A.I. ha accesso ad una memoria sovrumana, a tutta la cultura digitalizzata multietnica e accademica, che è istantaneamente disponibile.

Nessuna persona potrebbe contenere l’archivio del mondo nella propria memoria. Per questo motivo A.I. diventa una risorsa preziosa.

Nella mia professione rimango assolutamente ed eticamente lontano da A.I. per praticamente tutte le applicazioni.

A.I., a mio avviso, ha il nome sbagliato perché non si tratta affatto di intelligenza.

Se per alcuni versi sembra “imparare”, in realtà va a compilare automaticamente dati prelevati da un’enorme magazzino di informazioni e studi, seguendo una direttiva predefinita aumentando anche la casistica di applicazione.

Fa tutto questo attingendo da un “catalogo” in continua crescita fatto da persone che creano, e fa questo fino a che c’è da attingere, e fino a che ci saranno persone creative.

Se il catalogo cresce, anche A.I. cresce in un modo che possiamo definire in qualche modo anche parassita.

Purtroppo il prelievo dati di questa banca dati è fatto praticamente rubando beni intellettuali da individui sia consenzienti che non, tutte cose distillate da persone che hanno investito la loro vita per creare qualcosa di unico e personale, per ottenere uno stile e abilità riconoscibili che fanno distinguere un individuo sul panorama mondiale, e che come ogni cosa rara diventa preziosa.

Il vilipendio perpetrato con il continuo latrocinio indiscriminato, anche per puro ludibrio, è veramente non etico, disonesto ed umiliante per quanti si vedono depredati della loro anima creativa. Questo processo è pure molto discutibile, anche perché non riconosce nessun compenso per chi è il creatore e proprietario dell’idea rubata. E A.I. sa dove l’idea è stata presa, e quindi sarebbe possibile anche creare un compenso. Questo processo toglie i mezzi per continuare a fare i creativi, sia perché questo lavoro non sarà più richiesto dato che è gratuitamente usurpato, sia perché di conseguenza non ci sarà modo di guadagnare, e quindi sopravvivere o arricchirsi.

Io ritengo che l’applicazione di A.I. per simulare processi creativi ed artistici sia un vero danno per l’umanità che potrebbe portare all’oscurantismo intellettuale.

Facciamo un esempio; utilizzando applicazioni di simulazioni artistiche e creative dà la possibilità alle oche di fare qualcosa che funzioni, fa tutto questo con velocità sbalorditiva riempiendo a dismisura lo stagno di cose che funzionano però prive della linfa vitale che accompagna ogni capolavoro umano. Questa superproduzione alla fine significa inquinamento e il conseguente appiattimento cerebrale delle oche stesse e degli altri animali palustri.

Io sono assolutamente promotore del fatto che, come tutti gli strumenti tecnologici, A.I. andrebbe usato con intelligenza invece che con pigrizia mentale e convenienza economica.

Purtroppo come sto osservando saremo vittime di questo se non si corre ai ripari… e non ne vedo di attuabili.

Certo A.I. può dare mezzi creativi a chi non ha capacità, ma qual è il senso? Studiare no? Fare qualcosa d’altro che trova il soggetto attitudinalmente compatibile no?

Non è forse bello poter scegliere il fornaio che fa il pane che piace di più invece che trovare lo stesso pane dappertutto senza più possibilità di scelta?

Il risultato è l’inevitabile appiattimento e scomparsa di abilità personali per conseguente estinzione di chi investe la propria vita per fare arte e creare il proprio stile. Tutto questo porta all’arresto inevitabile del progresso perché se non ci sono idee nuove la banca dati si ferma fornendo sempre lo stesso risultato.

E una volta che le persone creative e capaci saranno fuori gioco, una volta che non ci sarà più ragione e stimolo per progredire e creare, si rimane con un pugno di sabbia… che funziona appunto da sabbia.

Nel mondo creativo artistico attualmente c’è una proliferazione di programmi e applicazioni che con un solo bottone virtuale permettono di fare un prodotto che è il risultato di un’elaborazione complessa, una serie di processi e procedure che si ottengono normalmente con una preparazione personale certosina.

Con A.I. tutti questi processi sono destinati a scomparire in favore di un’ istruzione sola. Un’istruzione che produrrà risultato pressoché immediato e gratis.

Un bottone virtuale da premere, virtualmente, che offrirà soluzioni sempre più simili tra loro.

Così, un po’ alla volta, nessuno saprà più come si fanno le cose, nessuno sarà più spronato a studiare cosa c’è dietro quel comodo bottone, e se c’è modo di migliorare!

E senza quel bottone, quando quando verrà a mancare o non sarà reso disponibile, non sarà più possibile fare questo processo complesso. E non si considereranno soluzioni alternative o uniche.

Non e’ una bella prospettiva, per cui io continuo a fare le cose da me, e non smetto mai di imparare, crescere e migliorare.

– Quanto ti aiuta? In che modo?

Non mi aiuta in nessun modo. Ho provato per curiosità ad usare A.I.: mi da risultati accettabili, più o meno fa quello che farei io senza metterci molto impegno.

Ma se ci metto impegno il risultato e’ di gran lunga migliore. Quindi non ha senso per me.

– Nel tuo settore quanto è usato, per tua conoscenza, l’uso di AI?

Purtroppo comincia ad essere usato sempre di più, a più livelli, e rimanendo coerente con quello che ho già detto anche poco è già troppo.

– Usi app specifiche o programmi che ne usano?

Eh… ci sono dei Plugin che uso che sono stati disegnati con l’opzione di avere un algoritmo A.I. per aiutare il processo. Questi plugin sono fatti veramente molto bene, ma li uso senza mai accedere alla funzione A.I. Dopo averne saggiato le possibilità io penso che i risultati che io ottengo senza A.I. siano superiori.

– Pensi che sia un pericolo per il futuro della tua professione e, se sì, come pensi che si debba agire (a livello personale o istituzionale) perché non lo sia?

E’ indubbiamente una tecnologia “handycappante” come molte recenti tecnologie, che mirano ad impigrire fisicamente e intellettualmente le persone.

Chiamiamolo una progressivo contagio della sindrome di Wall-E.

Può mettere in pericolo le professioni? Sì, lo sta già facendo in modo pesante perché diventa una soluzione “conveniente e veloce”.

Mette in mano a persone inette professioni che non gli appartengono e forse mai gli apparterrebbero, persone che poi si possono fregiare della frase mendace: “Questo l’ho fatto io”!

Per chi è un manager privo di una visione sui valori profondi del prodotto e pressato dal risultato veloce e gran guadagno è assolutamente una cosa da sfruttare. E purtroppo lo stanno facendo.

Come si fa a fermare?

L’uso di A.I. è in pratica una dichiarazione di inabilità o cupidigia, ed è uno schiaffo alla creatività unica personale e stilistica umana.

Già adesso se fai qualcosa di bello la prima domanda che ti fanno è: hai usato A.I.?

Quindi le abilità umane sono già non più considerate tali e sono buttate nel secchio della spazzatura.

Non credo che sarà possibile mettere A.I. sotto controllo.

Nel mondo creativo il solo modo per contenere il danno è di sovraprezzare l’uso di A.I. con relativo super compenso per il creatore da cui sono stati prelevati i dati, offrendo la possibilità di poter comunque intraprendere la carriera di creativo nonostante A.I..

C’e’ solo da sperare nella reazione della massa che ritornerà a cercare il fornaio che fa il pane che piace a loro e rifiutare lo stesso pane per tutti.

Ri-affinare il palato per cercare qualcosa di unico.

Io per adesso posso continuare a dire con orgoglio e sincerità: Questo l’ho fatto io.

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